Molti storici sono concordi nel dichiarare che il regime fascista, durante il vent'ennio, ebbe sia lati negativi che positivi.
La cinematografia italiana godette degli ingenti investimenti del regime per la costruzione di Cinecittà ed anche di una discreta libertà concessa ai registi ed ai produttori, considerando che si trattava comunque di un regime dittatoriale.
Per contro, vennero promulgate illiberali leggi protezionistiche a favore del cinema italiano, che avevano lo scopo di limitare entro una piccola percentuale le pellicole estere proiettate in Italia. Ciò impediva agli italiani di confrontarsi con gli altri paesi e dava largo spazio di manovra alla diffusione incontrastata degli ideali fascisti.
Ebbene, incredibile a dirsi, dopo quasi ottanta anni da queste leggi, in parlamento è stato proposto un disegno di legge atto a limitare e regolamentare le pellicole estere in italia. In breve la proposta limiterebbe il cinema extra-comunitario a non più di un terzo di tutti i film proiettati, mentre la restante parte sarebbe per quello comunitario con una fetta minima per il cinema italiano non inferiore a 1/3 di tutti i film proiettati in Italia.
Una proposta "dal sapore nostalgico", sarebbe il caso di dire se non fosse che, a firmare tale disegno di legge sono stati i senatori di Rifondazione Comunista
(fonte).
Che le cose in Italia fossero cambiate e che il prototipo classico di comunista (vedi Peppone) non fosse più applicabile, questo lo si sapeva ma che la sinistra italiana cercasse di vestirsi con la camicia nera, questo suona alquanto stano.
Cosa ne pensate?