Harry Potter e gli anni a venire

citazioni, versi, frasi,pagine o poemi amati

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view post Posted on 2/5/2005, 14:32

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Corvonero
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in questo topic potremo citare frasi, monologhi, versi o poemi che per noi sono fonte di emozioni per cindividere con gli altri le stesse sensazioni, dato che la lettura è un arte e come tale è un espressione ed una comunicazione di sentimenti.
 
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view post Posted on 2/5/2005, 14:35

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inizio io.
in riferimento alla sezione "personaggi letterari mamati", vorrei condividere con voi dei versi straordinari, a mio avviso i più grandi della poesia italiana.
trattasi del XVI canto dell'inferno di Dante, noto come "il canto di Ulisse". se avete voglia di passare un 15 min a leggere il più grande poeta di tutti i tempi...



26. 1 Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande,
26. 2 che per mare e per terra batti l'ali,
26. 3 e per lo 'nferno tuo nome si spande!

26. 4 Tra li ladron trovai cinque cotali
26. 5 tuoi cittadini onde mi ven vergogna,
26. 6 e tu in grande orranza non ne sali.

26. 7 Ma se presso al mattin del ver si sogna,
26. 8 tu sentirai di qua da picciol tempo
26. 9 di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.

26. 10 E se già fosse, non saria per tempo.
26. 11 Così foss'ei, da che pur esser dee!
26. 12 ché più mi graverà, com'più m'attempo.

26. 13 Noi ci partimmo, e su per le scalee
26. 14 che n'avea fatto iborni a scender pria,
26. 15 rimontò 'l duca mio e trasse mee;

26. 16 e proseguendo la solinga via,
26. 17 tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio
26. 18 lo piè sanza la man non si spedia.

26. 19 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio
26. 20 quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi,
26. 21 e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,

26. 22 perché non corra che virtù nol guidi;
26. 23 sì che, se stella bona o miglior cosa
26. 24 m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.

26. 25 Quante 'l villan ch'al poggio si riposa,
26. 26 nel tempo che colui che 'l mondo schiara
26. 27 la faccia sua a noi tien meno ascosa,

26. 28 come la mosca cede alla zanzara,
26. 29 vede lucciole giù per la vallea,
26. 30 forse colà dov'e' vendemmia e ara:

26. 31 di tante fiamme tutta risplendea
26. 32 l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi
26. 33 tosto che fui là 've 'l fondo parea.

26. 34 E qual colui che si vengiò con li orsi
26. 35 vide 'l carro d'Elia al dipartire,
26. 36 quando i cavalli al cielo erti levorsi,

26. 37 che nol potea sì con li occhi seguire,
26. 38 ch'el vedesse altro che la fiamma sola,
26. 39 sì come nuvoletta, in sù salire:

26. 40 tal si move ciascuna per la gola
26. 41 del fosso, ché nessuna mostra 'l furto,
26. 42 e ogne fiamma un peccatore invola.

26. 43 Io stava sovra 'l ponte a veder surto,
26. 44 sì che s'io non avessi un ronchion preso,
26. 45 caduto sarei giù sanz'esser urto.

26. 46 E 'l duca che mi vide tanto atteso,
26. 47 disse: «Dentro dai fuochi son li spirti;
26. 48 catun si fascia di quel ch'elli è inceso».

26. 49 «Maestro mio», rispuos'io, «per udirti
26. 50 son io più certo; ma già m'era avviso
26. 51 che così fosse, e già voleva dirti:

26. 52 chi è 'n quel foco che vien sì diviso
26. 53 di sopra, che par surger de la pira
26. 54 dov'Eteòcle col fratel fu miso?».

26. 55 Rispuose a me: «Là dentro si martira
26. 56 Ulisse e Diomede, e così insieme
26. 57 a la vendetta vanno come a l'ira;

26. 58 e dentro da la lor fiamma si geme
26. 59 l'agguato del caval che fé la porta
26. 60 onde uscì de' Romani il gentil seme.

26. 61 Piangevisi entro l'arte per che, morta,
26. 62 Deidamìa ancor si duol d'Achille,
26. 63 e del Palladio pena vi si porta».

26. 64 «S'ei posson dentro da quelle faville
26. 65 parlar», diss'io, «maestro, assai ten priego
26. 66 e ripriego, che 'l priego vaglia mille,

26. 67 che non mi facci de l'attender niego
26. 68 fin che la fiamma cornuta qua vegna;
26. 69 vedi che del disio ver' lei mi piego!».

26. 70 Ed elli a me: «La tua preghiera è degna
26. 71 di molta loda, e io però l'accetto;
26. 72 ma fa che la tua lingua si sostegna.

26. 73 Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto
26. 74 ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi,
26. 75 perch'e' fuor greci, forse del tuo detto».

26. 76 Poi che la fiamma fu venuta quivi
26. 77 dove parve al mio duca tempo e loco,
26. 78 in questa forma lui parlare audivi:

26. 79 «O voi che siete due dentro ad un foco,
26. 80 s'io meritai di voi mentre ch'io vissi,
26. 81 s'io meritai di voi assai o poco

26. 82 quando nel mondo li alti versi scrissi,
26. 83 non vi movete; ma l'un di voi dica
26. 84 dove, per lui, perduto a morir gissi».

26. 85 Lo maggior corno de la fiamma antica
26. 86 cominciò a crollarsi mormorando
26. 87 pur come quella cui vento affatica;

26. 88 indi la cima qua e là menando,
26. 89 come fosse la lingua che parlasse,
26. 90 gittò voce di fuori, e disse: «Quando

26. 91 mi diparti' da Circe, che sottrasse
26. 92 me più d'un anno là presso a Gaeta,
26. 93 prima che sì Enea la nomasse,

26. 94 né dolcezza di figlio, né la pieta
26. 95 del vecchio padre, né 'l debito amore
26. 96 lo qual dovea Penelopé far lieta,

26. 97 vincer potero dentro a me l'ardore
26. 98 ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto,
26. 99 e de li vizi umani e del valore;

26.100 ma misi me per l'alto mare aperto
26.101 sol con un legno e con quella compagna
26.102 picciola da la qual non fui diserto.

26.103 L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
26.104 fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
26.105 e l'altre che quel mare intorno bagna.

26.106 Io e ' compagni eravam vecchi e tardi
26.107 quando venimmo a quella foce stretta
26.108 dov'Ercule segnò li suoi riguardi,

26.109 acciò che l'uom più oltre non si metta:
26.110 da la man destra mi lasciai Sibilia,
26.111 da l'altra già m'avea lasciata Setta.

26.112 "O frati", dissi "che per cento milia
26.113 perigli siete giunti a l'occidente,
26.114 a questa tanto picciola vigilia

26.115 d'i nostri sensi ch'è del rimanente,
26.116 non vogliate negar l'esperienza,
26.117 di retro al sol, del mondo sanza gente.

26.118 Considerate la vostra semenza:
26.119 fatti non foste a viver come bruti,
26.120 ma per seguir virtute e canoscenza''.

26.121 Li miei compagni fec'io sì aguti,
26.122 con questa orazion picciola, al cammino,
26.123 che a pena poscia li avrei ritenuti;

26.124 e volta nostra poppa nel mattino,
26.125 de' remi facemmo ali al folle volo,
26.126 sempre acquistando dal lato mancino.

26.127 Tutte le stelle già de l'altro polo
26.128 vedea la notte e 'l nostro tanto basso,
26.129 che non surgea fuor del marin suolo.

26.130 Cinque volte racceso e tante casso
26.131 lo lume era di sotto da la luna,
26.132 poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,

26.133 quando n'apparve una montagna, bruna
26.134 per la distanza, e parvemi alta tanto
26.135 quanto veduta non avea alcuna.

26.136 Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto,
26.137 ché de la nova terra un turbo nacque,
26.138 e percosse del legno il primo canto.

26.139 Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
26.140 a la quarta levar la poppa in suso
26.141 e la prora ire in giù, com'altrui piacque,
26.142 infin che 'l mar fu sovra noi richiuso».

 
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Julien Suncrisbe
view post Posted on 20/8/2005, 20:09




Ogni volta che leggo questo sonetto di Shakespeare mi commuovo. Mi sembrava la giusta sezione in cui inserirlo.

In fede, io non ti amo coi miei occhi
poiché essi notano in te mille difetti;
ma è il mio cuore ad amare ciò che essi disprezzano
e, a dispetto della vista, si compiace di adorarti.
Né si deliziano i miei orecchi al tono della tua voce,
né il tenero mio tatto è incline a bassi tocchi,
né il gusto né l’olfatto ambiscono all’invito
a un banchetto dei sensi con te sola;
ma né le mie cinque facoltà né i miei cinque sensi
dissuadono uno sciocco cuore dal servirti,
e lui lascia ingovernata la mia sembianza d’uomo
per farsi del tuo vano cuore schiavo e misero vassallo.
Ma la mia piaga in tanto conto come mio guadagno
in quanto colei che mi fa peccare m’impartisce la mia pena.


 
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noel aurore andrassy
view post Posted on 8/3/2007, 12:40




:inlove3.gif:
Così mi invitate a nozze!!!
Potrei trascrivere qui tutto il contenuto del mio "libro delle citazioni", ma siccome sono buona vi grazio e mi limito a qualche perla...

Massima di vita da "Rotta a Oriente" di Patrick O' Brian:
...è curioso constatare come colui che odia se stesso riesca a conservare la stima di sé nei confronti degli altri, generalmente per mezzo di una denigrazione universale: vede se stesso come una creatura indegna, ma il suo prossimo lo è ancora di più.

E, da "Il Mercante di Venezia" di Shakespeare, un brano che ogni volta mi lascia letteralmente senza fiato:
Non ha occhi un giudeo?
Un giudeo non ha mani, organi, membra, sensi, affetti, passioni,
non s'alimenta dello stesso cibo,
non si ferisce con le stesse armi,
non è soggetto agli stessi malanni,
curato con le stesse medicine,
estate e inverno non son caldi e freddi per un giudeo come per un cristiano?
Se ci pungete, non facciamo sangue?
Non moriamo se voi ci avvelenate?
Dunque, se ci offendete e maltrattate, non dovremmo pensare a vendicarci?
Se siamo uguali a voi per tutto il resto,
vogliamo assomogliarvi pure in questo!
Se un cristiano è oltraggiato da un ebreo,
qual è la sua virtù di tolleranza?
L'immediata vendetta!
Onde un ebreo,
nel sentirsi oltraggiato da un cristiano,
come può dimostrarsi tollerante
se non, sul suo esempio, vendicandosi?
Io non faccio che mettere a profitto la villania che m'insegnate voi;
e sarà ben difficile per me
rimanere al disotto dei maestri.
 
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Lùthien Celebrindal
view post Posted on 19/10/2007, 09:48




Se andiamo sul lato Shakespeare..... mi prendete su un punto debole! ;)
Questi sono i miei preferiti:

CITAZIONE
Sonetto 116

Non che all’unione di animi costanti

ponga io impedimenti: non è amor vero

quel che ai mutamenti muta i manti

o s’immiserisce se l’altro è misero.

Oh no, no esso è un faro per sempre fisso

sulle tempeste, ma mai ne è turbato;

stella polare è per chi è nell’abisso,

e il suo valore è ignoto anche se stimato.

L’Amore non è del Tempo il buffone,

a dispetto della sua letale falce;

l’amore ai suoi brevi momenti s’oppone

resistendo fin al Giudizio iscritto in calce.

Se questo fosse errore e sia provato,

non ho io mai scritto e nessuno ha mai amato

CITAZIONE
SONETTO 29 -
Talora, venuto in odio alla Fortuna e agli uomini,
Io piango solitario sul mio triste abbandono,
E turbo il cielo sordo con le mie grida inani,
E contemplo me stesso, e maledico la sorte,
Agognandomi simile a tale più ricco di speranze,
Di più belle fattezze, di numerosi amici,
Invidiando l'ingegno di questi, il potere di un altro,
Di quel che meglio è mio maggiormente scontento;
Ma ecco che in tali pensieri quasi spregiando me stesso,
La tua immagine appare, e allora muto stato,
E quale lodola, al romper del giorno, si innalza
Dalla terra cupa, lancio inni alle soglie del cielo:
Poiché il ricordo del dolce tuo amore porta seco
Tali ricchezze, che non vorrei scambiarle con un regno.

 
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4 replies since 2/5/2005, 14:32   227 views
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