| inizio io. in riferimento alla sezione "personaggi letterari mamati", vorrei condividere con voi dei versi straordinari, a mio avviso i più grandi della poesia italiana. trattasi del XVI canto dell'inferno di Dante, noto come "il canto di Ulisse". se avete voglia di passare un 15 min a leggere il più grande poeta di tutti i tempi...
26. 1 Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, 26. 2 che per mare e per terra batti l'ali, 26. 3 e per lo 'nferno tuo nome si spande!
26. 4 Tra li ladron trovai cinque cotali 26. 5 tuoi cittadini onde mi ven vergogna, 26. 6 e tu in grande orranza non ne sali.
26. 7 Ma se presso al mattin del ver si sogna, 26. 8 tu sentirai di qua da picciol tempo 26. 9 di quel che Prato, non ch'altri, t'agogna.
26. 10 E se già fosse, non saria per tempo. 26. 11 Così foss'ei, da che pur esser dee! 26. 12 ché più mi graverà, com'più m'attempo.
26. 13 Noi ci partimmo, e su per le scalee 26. 14 che n'avea fatto iborni a scender pria, 26. 15 rimontò 'l duca mio e trasse mee;
26. 16 e proseguendo la solinga via, 26. 17 tra le schegge e tra ' rocchi de lo scoglio 26. 18 lo piè sanza la man non si spedia.
26. 19 Allor mi dolsi, e ora mi ridoglio 26. 20 quando drizzo la mente a ciò ch'io vidi, 26. 21 e più lo 'ngegno affreno ch'i' non soglio,
26. 22 perché non corra che virtù nol guidi; 26. 23 sì che, se stella bona o miglior cosa 26. 24 m'ha dato 'l ben, ch'io stessi nol m'invidi.
26. 25 Quante 'l villan ch'al poggio si riposa, 26. 26 nel tempo che colui che 'l mondo schiara 26. 27 la faccia sua a noi tien meno ascosa,
26. 28 come la mosca cede alla zanzara, 26. 29 vede lucciole giù per la vallea, 26. 30 forse colà dov'e' vendemmia e ara:
26. 31 di tante fiamme tutta risplendea 26. 32 l'ottava bolgia, sì com'io m'accorsi 26. 33 tosto che fui là 've 'l fondo parea.
26. 34 E qual colui che si vengiò con li orsi 26. 35 vide 'l carro d'Elia al dipartire, 26. 36 quando i cavalli al cielo erti levorsi,
26. 37 che nol potea sì con li occhi seguire, 26. 38 ch'el vedesse altro che la fiamma sola, 26. 39 sì come nuvoletta, in sù salire:
26. 40 tal si move ciascuna per la gola 26. 41 del fosso, ché nessuna mostra 'l furto, 26. 42 e ogne fiamma un peccatore invola.
26. 43 Io stava sovra 'l ponte a veder surto, 26. 44 sì che s'io non avessi un ronchion preso, 26. 45 caduto sarei giù sanz'esser urto.
26. 46 E 'l duca che mi vide tanto atteso, 26. 47 disse: «Dentro dai fuochi son li spirti; 26. 48 catun si fascia di quel ch'elli è inceso».
26. 49 «Maestro mio», rispuos'io, «per udirti 26. 50 son io più certo; ma già m'era avviso 26. 51 che così fosse, e già voleva dirti:
26. 52 chi è 'n quel foco che vien sì diviso 26. 53 di sopra, che par surger de la pira 26. 54 dov'Eteòcle col fratel fu miso?».
26. 55 Rispuose a me: «Là dentro si martira 26. 56 Ulisse e Diomede, e così insieme 26. 57 a la vendetta vanno come a l'ira;
26. 58 e dentro da la lor fiamma si geme 26. 59 l'agguato del caval che fé la porta 26. 60 onde uscì de' Romani il gentil seme.
26. 61 Piangevisi entro l'arte per che, morta, 26. 62 Deidamìa ancor si duol d'Achille, 26. 63 e del Palladio pena vi si porta».
26. 64 «S'ei posson dentro da quelle faville 26. 65 parlar», diss'io, «maestro, assai ten priego 26. 66 e ripriego, che 'l priego vaglia mille,
26. 67 che non mi facci de l'attender niego 26. 68 fin che la fiamma cornuta qua vegna; 26. 69 vedi che del disio ver' lei mi piego!».
26. 70 Ed elli a me: «La tua preghiera è degna 26. 71 di molta loda, e io però l'accetto; 26. 72 ma fa che la tua lingua si sostegna.
26. 73 Lascia parlare a me, ch'i' ho concetto 26. 74 ciò che tu vuoi; ch'ei sarebbero schivi, 26. 75 perch'e' fuor greci, forse del tuo detto».
26. 76 Poi che la fiamma fu venuta quivi 26. 77 dove parve al mio duca tempo e loco, 26. 78 in questa forma lui parlare audivi:
26. 79 «O voi che siete due dentro ad un foco, 26. 80 s'io meritai di voi mentre ch'io vissi, 26. 81 s'io meritai di voi assai o poco
26. 82 quando nel mondo li alti versi scrissi, 26. 83 non vi movete; ma l'un di voi dica 26. 84 dove, per lui, perduto a morir gissi».
26. 85 Lo maggior corno de la fiamma antica 26. 86 cominciò a crollarsi mormorando 26. 87 pur come quella cui vento affatica;
26. 88 indi la cima qua e là menando, 26. 89 come fosse la lingua che parlasse, 26. 90 gittò voce di fuori, e disse: «Quando
26. 91 mi diparti' da Circe, che sottrasse 26. 92 me più d'un anno là presso a Gaeta, 26. 93 prima che sì Enea la nomasse,
26. 94 né dolcezza di figlio, né la pieta 26. 95 del vecchio padre, né 'l debito amore 26. 96 lo qual dovea Penelopé far lieta,
26. 97 vincer potero dentro a me l'ardore 26. 98 ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto, 26. 99 e de li vizi umani e del valore;
26.100 ma misi me per l'alto mare aperto 26.101 sol con un legno e con quella compagna 26.102 picciola da la qual non fui diserto.
26.103 L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna, 26.104 fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi, 26.105 e l'altre che quel mare intorno bagna.
26.106 Io e ' compagni eravam vecchi e tardi 26.107 quando venimmo a quella foce stretta 26.108 dov'Ercule segnò li suoi riguardi,
26.109 acciò che l'uom più oltre non si metta: 26.110 da la man destra mi lasciai Sibilia, 26.111 da l'altra già m'avea lasciata Setta.
26.112 "O frati", dissi "che per cento milia 26.113 perigli siete giunti a l'occidente, 26.114 a questa tanto picciola vigilia
26.115 d'i nostri sensi ch'è del rimanente, 26.116 non vogliate negar l'esperienza, 26.117 di retro al sol, del mondo sanza gente.
26.118 Considerate la vostra semenza: 26.119 fatti non foste a viver come bruti, 26.120 ma per seguir virtute e canoscenza''.
26.121 Li miei compagni fec'io sì aguti, 26.122 con questa orazion picciola, al cammino, 26.123 che a pena poscia li avrei ritenuti;
26.124 e volta nostra poppa nel mattino, 26.125 de' remi facemmo ali al folle volo, 26.126 sempre acquistando dal lato mancino.
26.127 Tutte le stelle già de l'altro polo 26.128 vedea la notte e 'l nostro tanto basso, 26.129 che non surgea fuor del marin suolo.
26.130 Cinque volte racceso e tante casso 26.131 lo lume era di sotto da la luna, 26.132 poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo,
26.133 quando n'apparve una montagna, bruna 26.134 per la distanza, e parvemi alta tanto 26.135 quanto veduta non avea alcuna.
26.136 Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto, 26.137 ché de la nova terra un turbo nacque, 26.138 e percosse del legno il primo canto.
26.139 Tre volte il fé girar con tutte l'acque; 26.140 a la quarta levar la poppa in suso 26.141 e la prora ire in giù, com'altrui piacque, 26.142 infin che 'l mar fu sovra noi richiuso».
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